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La Gioconda: svelato il mistero dell’identità del celebre dipinto di Leonardo Da Vinci

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Secondo una recente ricerca, diretta dallo studioso d’arte Silvano Vinceti, sarebbe finalmente chiara l’identità dei due modelli che ispirarono La Gioconda di Leonardo Da Vinci.

La Gioconda è androgina – questa l’affermazione di Silvano Vinceti, ricercatore e studioso di arte, in merito al celebre dipinto di Leonardo Da Vinci nel corso di una conferenza stampa a Firenze nella chiesa di Sant’Orsola. Secondo Vicenti noto anche per i suoi studi su Caravaggio, per dipingere il sorriso della Gioconda, nota come Monnalisa  Leonardo da Vinci ha utilizzato non una sola modella, ma due modelli, un uomo e una donna. La prima modella è Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, morta nel 1542. Il secondo modello sarebbe stato l’allievo prediletto di Leonardo, Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì. La tesi di Vicenti è il frutto di una ricerca, condotta in equipe, basata sulla tecnica dei raggi infrarossi, su Photoshop e su altre tecnologie investigative, integrate ad una ricca documentazione storica.

Dalla ricerca coordinata da Vinceti, presidente del Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali, emerge dunque una “lettura androgena della Gioconda”. Il nostro comitato – sottolinea Vinceti – scoprì nel 2010 le lettere S ed L dentro gli occhi della Gioconda e il 72 sotto una delle arcate del ponte nel dipinto. La S rinvia al Salaì , la L rinvia a Lisa Gherardini e allo stesso Leonardo. Nell’interpretazione del 72, secondo la tradizione cabalistica che il genio toscano conosceva bene, emerge anche la lettura androgena della Gioconda. Non stupisce che si sia avvalso di una donna e poi di un uomo nella sua avventura pittorica della Gioconda”.

Dunque sarebbe finalmente svelato il mistero che per secoli ha ammantato l’identità della Gioconda, spesso vista anche come un autoritratto dello stesso Leonardo o come il ritratto di alcune nobildonne dell’epoca: Pacifica Brandano, Caterina Sforza, Isabella d’Aragona e molte altre. Secondo alcuni invece sarebbe trattato di una costruzione fantastica e idealizzata. Molte tesi discordanti, che troverebbe una risposta univoca nella nuova teoria avanzata da Vinceti, responsabile anche della ricerca sui resti mortali della Lisa Gherardini, che ha dichiarato: Grazie al sapiente utilizzo delle fonti storiche e dei risultati delle moderne tecnologie indagative a disposizione, è stato possibile giungere ad un risultato poggiante su fondamenti solide ed oggettive. Diverse sono i documenti ha sostegno della tesi che la Lisa Gherardini fu la prima modella di cui si avvalse Leonardo, ma rimaneva un alone di nebbia e incertezza. Ora grazie alla disponibilità della prima, delle tre stratificazione emerse dall’esame a raggi infrarossi, realizzato anni addietro, sulla Gioconda del Louvre, si può dare una risposta solida.

Sul Salai invece il ricercatore spiega: Il secondo modello che utilizzò nel lungo periodo di gestazione di questo capolavoro pittorico e spirituale, fu Gian Giacomo Caprotti, detto il Salai. Leonardo si avvalse del Salai in sue varie opere: “l’Angelo Incarnato”, “Sant’ Anna” e il suo ultimo capolavoro il “San Giovanni Battista”. Anche in questo caso vi sono solo indiretti documenti storici a disposizione ma, solo grazie alla applicazione del Photoshop avanzato, è stato possibile compiere una accurata sovrapposizione di alcuni particolari fra, la Gioconda del Louvre, i dipinti sopra menzionati. In particolare ci siamo avvalsi del San Giovanni Battista. Si è riscontrato una impressionante corrispondenza fra la componente del naso e della fronte della Gioconda e il dipinto messo a confronto; una similitudine fra il sorriso della Gioconda e quelli presenti nei dipinti con modello il Salai. Grazie a tali prove tecniche si può sostenere con forte basi oggettive che oltre alla Gherardini, Leonardo si avvalse del Salai

 

Photo Credits: Twitter

 

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