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Referendum Costituzionale è scontro. Il No ricorre al Tar: “Il quesito è una truffa”

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Redazione Velvet News

Il fronte del No ricorre al Tar, il Tribunale amministrativo regionale, contro il quesito del referendum che “così formulato finisce per tradursi in una sorta di spot pubblicitario, tanto suggestivo quanto incompleto e fuorviante“.

Il Quirinale, autore del testo, si difende: la valutazione e l’ammissione sono state già fatte dalla Cassazione. Il ricorso è stato presentato dagli avvocati Enzo Palumbo e Giuseppe Bozzi in qualità di elettori e di esponenti del Comitato Liberali x il NO e del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e i senatori Vito Claudio Crimi (Mov5Stelle) e Loredana De Petris (SinistraItaliana-SEL), anche nella loro qualità di delegati di un gruppo di senatori richiedenti il referendum costituzionale oppositivo, col patrocinio dell’avvocato Luciano Vaques del Foro di Roma.

Per i legali il testo del quesito è “a favore del Governo che ha preso l’iniziativa della revisione e che ora ne chiede impropriamente la conferma ai cittadini, che non meritano di essere ingannati in modo così plateale” I ricorrenti lamentano che il quesito predisposto dal Quirinalenon tiene conto di quanto stabilito dall’art. 16 della legge 352-1970, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione “degli articoli” revisionati e di ciò che essi “concernono”“. Il quesito referendario predisposto dagli Uffici del Quirinale, su proposta del Governo, oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, alcuni dei quali ben piu’ importanti di quelli citati (come la nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica e dei Giudici costituzionali di derivazione parlamentare), si limita invece a riprodurre il titolo del ddl di revisione, che, assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il c. d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria.

Photo Credits: Twitter

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