Massimo Bossetti è tornato davanti al giudice della Corte d’Assise di Bergamo, non come imputato ma stavolta come parte offesa.
Massimo Bossetti è tornato davanti al giudice della Corte d’Assise di Bergamo. Non è più imputato, ora è diventato parte lesa. Si tratta del procedimento contro il comandante del Ris di Parma, il colonnello Giampietro Lago, indagato per diffamazione e falsa testimonianza. Il contestatissimo carpentiere bergamasco, in carcere dal 14 giugno 2014, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, lo scorso gennaio aveva sporto denuncia contro il colonnello Lago, in merito al celebre ‘video del furgone’ che nel processo Yara costituì una delle prove schiaccianti dell’accusa a carico dell’imputato Bossetti.
In aula l’avvocato Camporini, che rappresenta Bossetti, ha contestato la genuinità di quel video. Avrebbe, di fatto, sostenuto di trovarsi di fronte ad un falso. Il filmato avrebbe, dunque, diffamato il carpentiere di Mapello in quanto, per come sono stati giustapposti, quei fotogrammi sarebbero stati manipolati allo scopo di dipingere l’imputato come un “predatore seriale”, offendendo così la sua reputazione e portando ad un condizionamento evidente del giudizio nel caso Gambirasio. Il pm Letizia Ruggeri ha ribadito che quel video non sarebbe stato diffuso dal colonnello Lago, ma dall’ufficio stampa dei Carabinieri su autorizzazione dei vertici dell’Arma.
Contestati anche gli accertamenti effettuati dalla scientifica sui leggins che Yara indossava quando venne uccisa, portando così all’accusa di falsa testimonianza del Lago: il colonnello nella deposizione al processo disse che l’esame sui pantaloni in sede di indagini fu effettuato facendo indossare un paio di pantaloni simili ad una capitana dei carabinieri, fatta poi sedere sul furgone Iveco Daily in uso all’imputato; il colonnello fu però smentito da un collega che, durante il dibattimento in aula affermò invece che quell’esame fu effettuato mediante l’uso di tamponi sfregati sui sedili del furgone. Il tutto è stato giustificato come “difetto di comunicazione”. Chiesta, dunque, l’archiviazione del procedimento.
Photo CRedits: Twitter
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