Quei maledetti anni di piombo. L’Italia nel terrore dei Rossi e dei Neri

69 morti e più di 1.000 feriti, 7866 attentati e 4990 episodi di violenza, questo il bollettino di guerra degli Anni di Piombo, una delle stagioni politiche più drammatiche del nostro paese

Sembra che ogni generazione viva degli incubi nel corso della storia. I nostri nonni hanno convissuto con la paura della guerra, dei bombardamenti, noi dobbiamo convivere con l’incubo degli attentati del radicalismo islamico, i nostri genitori hanno convissuto con il terrore degli Anni di Piombo. Siamo nella seconda metà degli anni 70 in Italia. Anni difficili per il paese, caratterizzati da forti tensioni politiche che passeranno alla storia. Protagonisti di questo periodo buio, i giovani delle università coinvolti in maniera viscerale e omicida nella politica. Divisi tra destra e sinistra, misero a ferro e a fuoco città come Milano, Roma, Bologna. Da una parte gli Eskimi e i capelli lunghi, dall’altra le giacche e le cravatte, ma anche P38, spranghe e molotov. Nostalgici della Repubblica Sociale Italiana e rivoluzionari armati per portare al governo il Comunismo. Una banda contro l’altra e oltre le barricate la Polizia.

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LA VIOLENZA DEGLI ANNI DI PIOMBO

16 Aprile 1973 muoiono carbonizzati nella loro casa di Primavalle a Roma, Virgilio Mattei di 22 anni e il fratellino Stefano. Ad appiccare il fuoco nell’abitazione dei militanti di Potere Operaio, un gruppo della sinistra extraparlamentare nato nel 1967 e attivo fino all’anno della tragedia. Obiettivo dei militanti era colpire la famiglia di Mario Mattei segretario di una sezione del Movimento Sociale Italiano partito politico di estrema destra. Questo è uno dei tanti delitti di quegli anni, tanto che in molte case di Roma per paura di possibili attentati dietro le porte venivano messi dei sacchi di sabbia per sabotare eventuali incendi. Le pagine di cronaca dei giornali di quegli anni sono piene di morti ammazzati dai partiti di estrema destra o di sinistra. La nuova politica italiana nata con l’onda rivoluzione del 68 è in fermento, giovani e operai scendono in piazza per manifestare e spesso durante i cortei vengono assaliti da gruppi armati o dalla polizia.

Per capire la violenza di questi anni è necessario comprendere lo spirito politico di questo periodo caratterizzato da due spiriti, quello creativo di rinnovamento dei costumi, delle sperimentazioni artistiche e quello violento che alla fine ha prevalso.
Città divise in quartieri neri e quartieri rossi, piazze nere e piazze rosse e le università, fulcri della politica. Come la Statale di Milano diventata la sede dei movimenti di sinistra italiani dai più moderati ai più radicali, dove vennero espulsi i Missini, gli appartenenti alla destra più estrema, in questa maniera nascono faide e vendette spesso cruente e senza pietà. I San Babilini a Milano si organizzavano per attaccare le sedi delle università di sinistra e le scuole occupate. Un antagonismo di massa, a volte di difesa degenerata per ottenere il diritto a manifestare spesso negato in quegli anni. Mentre a sinistra le azione violente erano programmate e organizzate per raggiungere degli obiettivi rivoluzionari, a destra mancava l’organizzazione, c’erano gruppi di persone che individualmente si mettevano in gioco con l’aspettativa di una morte onorevole o di un’azione simbolica spesso legati a bande criminali. La forza di questa violenza ha invaso non solo la vita quotidiana delle persone, ma anche la politica italiana con un serie di attentati, rapimenti e omicidi che culminarono con la strage alla stazione di Bologna del 1981.

Bologna
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