Donna denuncia un parroco:”Mi ha fatto prostituire”. Nella canonica c’erano fruste, vibratori e film hard

Un parroco di Padova è indagato per violenza privata e favoreggiamento alla prostituzione. La Diocesi si augura che venga fatta presto chiarezza.

Una donna rumena  ha denunciato Don Andrea Contin, con il quale avrebbe avuto una relazione, per averla costretta a prostituirsi. Il sacerdote che amministra la parrocchia di San Lazzaro, alla periferia della città del Santo, è molto stimato ed noto per alcune iniziative da lui sostenute. Finora non c’è nulla di penalmente rilevante che sia ricaduto sul parroco, ma la signora che ha sporto denuncia ha aggiunto di aver subito dei comportamenti violenti nel corso dei loro presunti rapporti sessuali.

Per il momento l’uomo è indagato dal pm per violenza privata e per favoreggiamento alla prostituzione. I militari hanno effettuato delle perquisizioni presso la canonica, alla ricerca di elementi che confermassero la versione della donna. In una stanza sarebbero stati trovati alcuni giochi erotici, film hard, vibratori, fruste, collari in pelle, tacchi a spillo e stimolanti sessuali per le donne. Tutto ciò ha portato ad un approfondimento del caso, nel tentativo di fare chiarezza sulla situazione. Dopo aver firmato i verbali di sequestro e dopo aver preso visione dell’avviso di garanzia, Don Andrea si è ritirato nel silenzio più assoluto.

La Diocesi di Padova è stata scossa da questo caso e attraverso un comunicato ha confermato l’esistenza dell’inchiesta; tuttavia precisa che eventuali provvedimenti a carico del sacerdote verranno stabiliti soltanto quando sarà emersa la verità. Ma non si può nascondere lo scandalo che ha travolto la Chiesa in questa circostanza, sebbene per il momento non ci sia nulla di provato. Il parroco si è incontrato con il vescovo poche ore fa e ha concordato una sospensione, perché non è opportuno che rimanga sul posto fin quando non sarà fatta chiarezza sugli eventi, anche per non esporre ulteriormente la Diocesi, comunque macchiata da questi presunti reati.

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Photo Credits: Facebook

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