Delitto di Garlasco: la sentenza shock della Cassazione nei confronti di Alberto Stasi

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dei legali di Alberto Stasi per riaprire il caso. Per lui non ci sarà alcun processo di appello ter e rimarrà in carcere per scontare la pena di 16 anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi.

Nessuna revoca della condanna inflitta ad Alberto Stasi per il delitto di Chiara Poggi, la fidanzata uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco, in provincia di Pavia. La prima sezione della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricordo straordinario presentato dai difensori e dallo stesso Stati, confermando così la condanna di 16 anni di reclusione per l’ex studente della Bocconi. Il ragazzo sta già scontando la sua pensa nel carcere di Bollate, nel quale rimarrà ancora per molto tempo. Anche il pg della Suprema Corte Roberto Aniello aveva, nella sua requisitoria, evidenziato i profili di inammissibilità del ricorso, con il quale la difesa di Stasi e il condannato mettevano in rilievo un “errore di fatto” relativo alla mancata ammissione di prove dichiarative nel processo d’appello-bis.

Gli avvocati della famiglia di Chiara Poggi, Francesco Compagna e Gianluigi Tizzoni, hanno dichiarato: “Il rigetto di questo ulteriore ricorso conferma come la sentenza di condanna sia stata emessa all’esito di un giusto processo, grazie alle prove schiaccianti faticosamente acquisite dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano. Anche nei momenti più difficili la famiglia Poggi ha sempre creduto nella giustizia, senza mai cercare giudizi sommari”.

IL PROCESSO – Nel ricorso straordinario la difesa di Alberto Stasi ha sostenuto che, nel processo d’appello bis, fossero state dimenticate 21 prove decisive che in primo grado avevano portato all’assoluzione dell’imputato e che sarebbero dovute essere prese in considerazione anche nel giudizio d’appello. Il professor Angelo Giarda aveva quindi chiesto l’applicazione di un principio fissato dalla Corte europea per i diritti dell’Uomo, di revocare la sentenza con cui, il 12 dicembre 2015, la Suprema Corte confermò la condanna. I legali della famiglia di Chiara Poggi hanno invece sostenuto che la condanna di Alberto Stasi era motivata da elementi nuovi, emersi nel corso delle indagini disposte dalla procura generale di Milano. La sentenza, scrivono nella memoria depositata in Cassazione i legali della famiglia della vittima, “È pacificamente fondata sui nuovi dati probatori acquisiti nel relativo giudizio, attraverso i quali i numerosi indizi già esistenti hanno finito per integrarsi come le tessere di un mosaico”.

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