Omicidio Yara, la difesa di Bossetti: “Nel suo pc neanche una donna nuda”

Si torna in aula per il processo a carico di Massimo Bossetti, accusato e condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio.

Si torna in aula oggi, 10 luglio 2017, per il processo a carico di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio. Attesa per questa giornata la conclusione dell’intervento dei legali dell’uomo davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia. Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini punteranno a confutare la validità dell’esame genetico che ha attribuito al muratore di Mapello il Dna trovato sui leggins dell’adolescente di Brembate di Sopra, uccisa il 26 novembre del 2010 e il cui corpo fu trovato tre mesi più tardi in un campo di Chignolo d’Isola.

La traccia genetica trovata sui leggins della ragazzina uccisa è sempre stata il caposaldo della linea difensiva: per i legali dell’uomo non apparterrebbe a Massimo Bossetti ed è per questo che la prova andrebbe ripetuta. Gli avvocati ritengono che il muratore sia innocente e che quindi andrebbe assolto. Nella stessa giornata i legali contesteranno anche i risultati dell’autopsia eseguita dalla professoressa Cristina Cattaneo e tutti gli indizi che fanno da corollario alla prova regina del Dna: le ricerche sul web riguardanti adolescenti nei computer di casa Bossetti, le immagini del furgone del muratore intorno alla palestra da cui Yara scomparve, le sfere metalliche trovate sul corpo che rimandano al mondo dell’edilizia e le fibre di tessuto compatibili con quelle dei sedili dell’Iveco Daily che l’uomo usava per lavoro.

Per i legali di Massimo Bossetti il corpo di Yara non è rimasto nel campo di Chignolo per tutti quei tre mesi, ma fu portato lì nel tentativo di depistare le indagini mentre il “vero colpevole” sarebbe ancora libero. Il 14 luglio, nel calendario processuale, sono previste le repliche e il 17 luglio i giudici si ritireranno in camera di consiglio per la sentenza.

Aggiornamento ore 11.50: Gli avvocati di Massimo Bossetti tornano all’attacco, nel processo d’appello, della prova del Dna, attribuito al muratore di Mapello, trovato sul corpo della ragazza, e si accingono a illustrare le 261 “criticità” che inficerebbero il processo di formazione dell’accertamento genetico: “Per aver una prova che comporta l’ergastolo per una persona bisogna rispettare le regole imposte dalla comunità scientifica che ci sta guardando”. Nell’aula della Corte d’assise di Brescia sono presenti oltre a Bossetti, sua moglie, Marita Comi, sua madre Ester e sua sorella Laura.

Aggiornamento ore 15.30: Agguerriti i legali di Bossetti che riferiscono in aula ciò che gli è stato scritto via mail da professor John M. Butler, luminare della genetica forense, secondo il quale i kit scaduti per rilevare il Dna in un laboratorio di analisi come quello del Ris di Parma non dovrebbero nemmeno esserci. La mail, tuttavia, dato che introduce elementi nuovi, sulla base di un ordinanza emessa dalla Corte d’Assise e d’Appello di Brescia, non può entrare a far parte del processo come prova. La difesa di Massimo Bossetti è quindi tornata, nel corso del processo, sugli errori, secondo loro commessi dai Ris di Parma in merito all’omicidio di Yara Gambirasio. Proprio basandosi su questi presunti errori la difesa del muratore di Mapello ha chiesto che vengano ripetuti gli esami sulle tracce del Dna: “Questo affinché tutti siano più sereni”.

Aggiornamento ore 16.40: Scintille tra gli avvocati di Massimo Bossetti e la parte civile della famiglia di Yara Gambirasio. L’oggetto del contendere sarebbe una slide in cui la difesa del muratore mostra la foto satellitare, scattata il 24 gennaio 2011, che mostra come sul luogo del ritrovamento di Yara Gambirasio non c’era in quella data il suo cadavere, ritrovato il 26 febbraio 2011. Per individuare la “barretta bianca” e il presunto luogo del cadavere i legali della difesa hanno sovrapposto la foto satellitare con un’altra foto dell’area scattata all’indomani del ritrovamento dalla polizia scientifica. Da qui la contestazione dell’avvocato di parte civile: “Adesso basta. Quella barretta bianca è tarocchissima. Si vuol far passare che dovrebbe indicare l’altezza di una persona, invece è più larga della strada, che l’altro giorno ho misurato ed è di tre metri. Quindi questo è un falso, farò un esposto perché siamo oltre i limiti”. Ha così interrotto l’arringa del legale di Bossetti l’avvocato Andrea Pezzotta. Il presidente della Corte d’assise d’Appello Enrico Fischetti ha invitato la parte civile a non interrompere, invitandolo ad esporre le sue osservazioni durante le successive repliche e ha ricordato che la foto satellitare prodotta dalla difesa è “sub iudice”, cioè la Corte deve decidere se acquisirla agli atti.

Aggiornamento ore 20.00: Stando quanto affermato dalla difesa di Massimo Bossetti nei supporti informatici del muratore “Non c’è neanche una donna nuda, altro che ricerche pornografiche e ancor meno pedopornografiche”.Lo ha sottolineato uno degli avvocati dell’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, Paolo Camporini, nella sua arringa nel processo d’appello parlando delle ricerche a sfondo pornografico che furono trovate nel pc, “In cui fu trovata una sola ricerca significativa e di 15 giorni prima dell’arresto”. “Niente per 20 anni e 15 giorni prima dell’arresto diventa un pervertito”, ha detto Camporini, spiegando che quella ricerca fu effettuata da un computer senza password e che “Sua moglie è venuta a spiegare che le faceva lei quelle ricerche”.

 

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