Caso Elena Ceste: l’assoluzione del marito alle porte?

Michele Buoninconti accusato e condannato a 30 anni di carcere per l’omicidio della moglie Elena Ceste gioca il tutto e per tutto per ribaltare la sentenza con il ricorso in Cassazione. Per la criminologa Roberta Bruzzone non vi sono dubbi.

Il marito di Elena Ceste, Michele Buoninconti non si rassegna alla condanna e, attraverso i suoi legali, tenta il ricorso in Cassazione. L’uomo, 48enne ex vigile del fuoco, è stato condannato sia in primo grado che in appello a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie: il massimo della pena per il rito abbreviato. Per l’uomo la Cassazione è l’ultima carta con la quale cercare di ribaltare le precedenti sentenze.

I suoi legali, Enrico Scolari e Giuseppe Marazzita, hanno sempre creduto nell’innocenza del vigile del fuoco, sostenendo che la morte di Elena Ceste è stata accidentale, dovuta presumibilmente ad una caduta. I difensori affermano al settimanale Giallo: “Il rigetto da parte della Corte d’Appello della richiesta di perizia sulle celle telefoniche e sulla causa della morte di Elena, mai definitivamente accertata, è irragionevole. Chiederemo alla Cassazione di restituire gli atti a un’altra sezione d’Assisi di Torino. Presenteremo la richiesta di nuove perizie anche sulle intercettazioni e sulla ricostruzione del ritrovamento del corpo. Resta in sospeso la questione della premeditazione, non risolta nelle carte d’Appello”. I giudici hanno, a partire dalla sentenza di secondo grado, avvenuta nel febbraio 2017, un anno di tempo per pronunciarsi sulla fondatezza del ricorso oppure per rigettarlo e decretare così la pena definitiva per Michele Buoninconti, in carcere dal gennaio 2015.

Proprio il suo comportamento e le intercettazioni ambientali hanno portato i giudici della prima sezione della Corte d’Appello alla sola conclusione che: “Michele Buoninconti è il maggiore accusatore di se stesso. Ha costantemente agito per precostituirsi un alibi”. Per i giudici la premeditazione, al contrario di quanto affermano gli avvocati dell’uomo, è un punto fermo. Sulla sua colpevolezza ha pochi dubbi la criminologa Roberta Bruzzone: “Si tratta di una tesi piuttosto fragile, a mio avviso, priva del benché minimo riscontro, che si è letteralmente frantumata contro la solidità delle argomentazioni dell’accusa ed è stata smentita dalle sentenze dei due precedenti gradi di giudizio”, spiega, mediante il settimanale Giallo, facendo riferimento alla tesi dell’accidentalità portata avanti dalla difesa dell’uomo. Prosegue: “La difesa non è mai riuscita a dimostrare che Elena Ceste abbia avuto una crisi psicotica la mattina in cui è scomparsa, senza mai, peraltro, dare segni di squilibrio in precedenza e senza una storia di rilevanza psichiatrica alle spalle”. Per tale ragione, secondo la criminologa, la condanna verrà confermata anche in Cassazione.

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