Scomparsa Manuela Teverini, shock: aumentano i capi d’accusa contro il marito

Continuano le indagini sulla scomparsa di Manuela Teverini, la donna sparita nel nulla nell’aprile del 2000 dalla sua casa vicino Cesena. Il marito, inizialmente arrestato nel 2002 e poi subito liberato, è iscritto nel registro degli indagati per omicidio, occultamento di cadavere e anche per detenzione di materiale pedopornografico.

Sono passati 18 anni dalla scomparsa di Manuela Teverini, la 35enne sparita nella notte tra il 5 e il 6 aprile del 2000 dalla sua casa di Capannaguzzo, in provincia di Forlì. Il caso è stato riaperto e il marito, Costante Alessandri, è indagato per omicidio, occultamento di cadavere e anche per detenzione di materiale pedopornografico. Quest’ultimo capo d’accusa si è aggiunto in tempi recenti, dopo il sequestro del computer dell’uomo.

Il movente del delitto sembrerebbe economico, in quanto si ipotizza che Alessandri abbia ucciso la moglie per impossessarsi dei cento milioni di lire che Manuela Teverini aveva depositato su un conto bancario cointestato. L’uomo, secondo gli investigatori, avrebbe ucciso la moglie per poi seppellirla in un’area di una cava attigua alla fornace di Bagnarola, dove, a quei tempi, era solito smaltire rifiuti. Il corpo della donna è stato più volte cercato nelle zone limitrofe e nella cava ricoperta di terra e detriti, ma di Manuela Teverini non è stata trovata alcuna traccia.

Stando alle indagini, Costante Alessandri aveva il vizio di frequentare le prostitute e Manuela Teverini lo aveva scoperto. Proprio questo “vizietto” lo aveva messo sul lastrico. Il marito della vittima contattò, prima della scomparsa della donna, il direttore di banca per chiedergli come si sarebbe dovuto comportare per rimanere in possesso del denaro. “Se quei soldi verranno reintestati solo alla signora Teverini, lei non potrà più usarli”, queste furono le parole del direttore. Secondo gli inquirenti proprio in questa occasione Alessandri decise di ammazzare la moglie. Nel dicembre 2002 venne arrestato per omicidio e occultamento di cadavere. Gli inquirenti lo incastrarono applicando dei microfoni per registrare le sue conversazioni con una delle prostitute del periodo. Ed è proprio mentre era in dolce compagnia che Alessandri avrebbe affermato: “Mia moglie non tornerà più a casa, perché l’ho uccisa“. Dopo un mese di carcere venne rimesso in libertà. Interrogato disse che la confessione non era veritiera: “Avevo capito di essere intercettato, lo feci per provocare gli inquirenti”. Nel frattempo la figlia, che all’epoca dei fatti era una bambina, si è costituita parte civile al processo contro il padre.

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