Emanuele Scieri, intercettazioni sconvolgenti dell’ex parà: “Se mi incastrano, muoio in carcere”

Per il gip sono diverse le intercettazioni ambientali che dimostrano come l’ex parà Alessandro Panella, ai domiciliari con l’accusa di aver provocato la morte della leva Emanuele Scieri, voleva abbandonare l’Italia.

Uno scenario raccapricciante era emerso dalle indagini della Commissione di Inchiesta sulla tragica morte del parà Emanuele Scieri, il giovane siciliano di 26 anni laureato in Giurisprudenza. Il ragazzo era giunto presso la caserma Gamerra di Pisa il 13 agosto del 1999 e nel giro di pochissime ore è stato vittima, insieme alle altre giovani leve, di diversi episodi di nonnismo. Nei giorni scorsi la svolta: tre uomini sono stati iscritti nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri. Per uno di loro, l’ex parà Alessandro Panella, sono scattati gli arresti domiciliari.

Se stavolta riescono a incastrarmi, mi sa che ci muoio in carcere”, sono queste le parole dell’ex caporal maggiore della Folgore Panella, che dal 2 agosto si trova agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio volontario riguardante la morte di Emanuele Scieri. L’ex parà aveva intenzione di tornare negli Stati Uniti, tanto che aveva prenotato un biglietto aereo di sola andata. A dimostrare ciò, secondo chi indaga, sono le intercettazioni ambientali tra Alessandro Panella e i suoi familiari. “Parto e rinuncio alla cittadinanza”, disse l’ex parà al fratello e al padre negli uffici della Procura il 26 luglio scorso. Il genitore di tutta risposta affermava: “Alessandro l’importante è che tu riesca a partire”. E nel dibattito il fratello aggiunse: “Vagliela poi a notificare la roba, gli do un indirizzo sbagliato”. “Ha cambiato casa, non ci sta più”, ribadiva il padre. “Me stai a chiarì le idee papà – aggiungense Alessandro Panella– Mi chiarisce le idee su quello che voglio fa’, ‘ndo voglio sta’. Io per esempio prima avevo il dubbio di rimanere in Italia ora non ce l’ho più. Rinuncio alla cittadinanza e appena arrivo in Usa lo comunico al consolato”.

Lo scorso 26 luglio gli inquirenti hanno inoltre sequestrato gli anfibi che Panella aveva in dotazione quando prestava servizio alla Folgore. Un particolare importantissimo visto che secondo la ricostruzione Emanuele Scieri fu costretto a salire sulla scaletta della torre dalla parte esterna e chi ne provocò la morte gli pestò le mani con gli scarponi. Proprio degli anfibi parlano in macchina Alessandro Pannella, il padre e il fratello. Nella conversazione, captata dalla microspia collocata sulla sua auto, i tre parlano del perché gli inquirenti abbiano sequestrato proprio gli scarponi, fino a quando, ad un certo punto, Alessandro Panella afferma: “Gli anfibi sequestrati sono quelli della dotazione della Folgore ma sono quelli nuovi, ovvero mai indossati mentre quelli vecchi li ho buttati via una settimana fa”.

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