Strage di Erba, reperti bruciati prima della sentenza della Cassazione: guai in vista per il cancelliere capo

Una decisione affrettata quella del cancelliere capo che ha distrutto, prima ancora della sentenza della Cassazione, i reperti mai analizzati della strage di Erba.

La Cassazione si è pronunciata il 12 luglio scorso sulla richiesta di un nuovo incidente probatorio, finalizzato alla revisione del processo della strage di Erba, basato su dei nuovi reperti mai analizzati prima (tra cui alcuni peli sulla felpa del bambino, un mazzo di chiavi, un accendino ed una tenda), presentati dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi. La Suprema Corte ha detto “no” a tale richiesta. I due coniugi sono stati quindi condannati in via definitiva all’ergastolo per aver trucidato a coltellate e a sprangate l’11 dicembre del 2006 Raffaella Castagna, il suo bambino di due anni e mezzo, Youssef Marzouk, la nonna del piccolo, Paola Galli, la vicina di casa Valeria Cherubini e il suo cane. Il marito di quest’ultima, Mario Frigerio, invece venne trovato sul pianerottolo in condizioni gravi e fu l’unico sopravvissuto anche se, purtroppo, è deceduto per un tumore incurabile.

Qualcosa però sembra non tornare. I reperti in questione infatti sembrano essere stati inspiegabilmente distrutti dall’Ufficio corpi di reato, presso il Tribunale di Como, prima che la Cassazione si pronunciasse in merito all’obbligatorietà o meno di eseguire un incidente probatorio volto a cristallizzare i risultati degli esami su questi elementi, trascurati nel processo. Le prove sarebbero state bruciate dal cancelliere capo in persona.

Ciò sarebbe emerso dalle carte stesse, nelle quali si evince che il cancelliere capo si è recato presso l’inceneritore di Como ancor prima che la Suprema Corte si pronunciasse. Alle 10.30 del 12 luglio, circa dieci ore prime della sentenza della Cassazione, i reperti erano stati bruciati. Come mai il cancelliere capo ha distrutto prima del giudizio i reperti? Perché non ha atteso la sentenza? Nessuno lo aveva autorizzato. Adesso dovrà rispondere di tale atto in quanto, vista la mancata autorizzazione, ha commesso un reato penale. Stando quanto rivelato dall’avvocato Schembri a Libero, non tutti gli elementi sono andati persi, in quanto alcune prove si trovavano presso l’Università di Pavia ed il R.I.S. di Parma. Ad essere bruciati infatti sono stati esclusivamente i reperti depositati presso la cancelleria di Como.

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