Roma, chiude il centro migranti visitato dal Papa. Profughi cacciati. “È una deportazione”

Entro la fine di gennaio sarà svuotato e chiuso lo storico Centro di accoglienza per i richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto, a nord di Roma, che ospita 535 persone: 401 uomini, 120 donne e 12 bambini. Tutti richiedenti asilo attendevano il giudizio delle commissioni, o esito ricorso, 80 persone avevano trovato lavoro. E già ora sono parecchi i profughi in fuga da miseria e violenze che sono stati allontanati. E che non hanno più un tetto. Saranno trasferiti altrove, viene assicurato, ma in realtà molti sono soli, abbandonati, si accalcano alle fermate dell’autobus e non sanno dove andare e cosa fare.

A marzo 2016 Papa Francesco aveva scelto il Cara di Castelnuovo per la celebrazione della lavanda dei piedi del Giovedì Santo, inchinandosi per il rito davanti a 12 profughi. Ora il Centro di accoglienza serra i battenti. Ad annunciarne la chiusura era stato proprio il Comune della cittadina a nord di Roma sottolineando come “a poco più di un mese dalla conversione in legge del cosiddetto Decreto Sicurezza, il Cara sembrerebbe in chiusura”. 

E con l’avvio dei trasferimenti dei migranti è scattata la polemica e la preoccupazione. “Siamo dispiaciuti e preoccupati. Chiediamo che non vengano trattati come bestiame“, ha detto all’agenzia Sir il parroco della vicina chiesa di Santa Lucia, padre José Manuel Torres. “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno“: hanno affermato, citando il vangelo di Luca, i frati di Assisi in un tweet indirizzato ai vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio e al premier Giuseppe Conte.

Mentre esponenti del Pd hanno stigmatizzato procedure portate avanti “senza adeguato preavviso, separando donne, uomini e bambini, secondo una modalità che ricorda i lager nazisti“, come ha tuonato il deputato Roberto Morassut. In serata, ieri 22 gennaio, è arrivata la replica secca del ministro dell’Interno: “Salvini deporta i bambini, i migranti. Razzista, fascista, nazista… balle spaziali. Tutti gli ospiti che erano dentro e che hanno diritto – ha aggiunto – saranno trasferiti con altrettanta generosità, perché se sei qui a chiedere asilo politico, non puoi pretendere di andare a Cortina. Se hai diritto rimani, altrimenti cominciano le pratiche perché tu torni da dove sei arrivato”. E poi ha aggiunto: “Useremo i soldi risparmiati per aiutare gli italiani o chiunque abbia bisogno”. 

Il centro di Castelnuovo di Porto, attivo da oltre 10 anni, è arrivato ad ospitare fino a mille migranti. E si è distinto per i progetti di integrazione che ha portato avanti, come ricorda lo stesso Comune. Ieri è scattato il trasferimento dei primi 30 ospiti in centri della Basilicata e della Campania. Altri, invece, hanno lasciato la struttura da soli. Diversi sono stati avvistati alle fermate degli autobus diretti a Roma. Portandosi dietro le loro povere cose. 

Tra loro anche una ragazza somala di 25 anni che non sapeva dove andare. L’operazione, si è appreso da fonti del Viminale, che comporterà risparmi per circa un milione all’anno di affitto, è stata resa possibile dal crollo del numero degli sbarchi ed era già programmata nell’ambito dello svuotamento dei grandi centri come già fatto per Cona e Bagnoli in Veneto. Ventisei senatori del Pd hanno presentato sulla vicenda un’interrogazione al ministro Salvini. “Viene chiusa una struttura di integrazione che in questi anni ha raccolto diversi riconoscimenti, dall’Acnur a Migrantes, e che ha permesso di salvare e aiutare 8 mila profughi, tra i quali 700 minori“, spiega la senatrice Annamaria Parente.”Questi sono i primi frutti avvelenati del decreto sicurezza del ministro dell’Inferno”, le fa eco la senatrice del Pd Monica Cirinnà. 

E Castelnuovo di Porto si è schierata dalla parte dei rifugiati. Nel pomeriggio del 22 gennaio si è svolta una “passeggiata pacifica di solidarietà” con partenza dalla chiesa di Santa Lucia per “essere vicini agli ospiti del Cara in via di trasferimento e ai lavoratori che rischiano di perdere il lavoro”. “Dopo tanti anni d’impegno della comunità locale – ha detto il vescovo della Diocesi di Porto e Santa Rufina, Gino Reali che ha preso parte all’iniziativa – mi pare assurdo interrompere progetti di integrazione bene avviati con la partecipazione di tanti cittadini e volontari delle diocesi”.

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