Milano, rimborsopoli e spese pazze: imputati Minetti e Bossi Jr

Si chiude la fase delle indagini: al Pirellone (il Grattacielo Pirelli, chiamato comunemente Pirellone, è l’edificio di Milano dove ha sede il Consiglio regionale della Lombardia) le spese dei rimborsi politici (nel periodo che va dal 2008 al 2012) sono “pazze” e soprattutto non sono più presunte. Resoconto dell’udienza preliminare: 56 i rinvii a giudizio, 3 prosciolti, 3 condannati e un assolto dal gup di Milano Fabrizio D’Arcangelo. Tra gli imputati svettano due nomi: Nicole Minetti, l’ex igienista dentale di Silvio Berlusconi, e Renzo Bossi, figlio del fondatore della Lega Nord.

Il processo inizierà il primo luglio, quando dovranno, tra gli altri, affrontare il processo davanti ai giudici della decima sezione penale anche gli ex assessori della giunta Formigoni. Si parla di Romano Colozzi, Massimo Buscemi e Giulio Boscagli, l’ex presidente del consiglio regionale Davide Boni e l’ex consigliere Stefano Galli, tutti all’epoca dei fatti esponenti della maggioranza. Per le opposizioni sono stati rinviati a giudizio Chiara Cremonesi, Luca Gaffuri ed Elisabetta Fatuzzo.

La Minetti dovrà giustificare davanti a un giudice ordinario scontrini sospetti per oltre ventimila euro. Dovrà spiegare come mai si è fatta rimborsare un altro iPad, oltre a quello che la Regione Lombardia regala a ciascun consigliere. Dovrà poi dar conto delle cene politiche nei ristoranti alla moda (400,00 euro per una pasto) e delle esose consumazioni dei locali (più di 800,00 euro spesi al Principe di Savoia).

Spese personali o veri rimborsi del proprio gruppo politico? Sarà tenuto a giustificarsi anche il figlio del Senatur, Renzo Bossi che avrebbe comprato videogiochi, sigarette e Red Bull con i soldi pubblici.

Il pm Filippini ha sostenuto in aula che “le spese non giustificabili sono da considerarsi peculato“. Ha poi aggiunto: “Qui la politica si fa nei ristoranti mentre l’attività istituzionale dovrebbe farsi nei luoghi istituzionali“.

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