Bambini siriani sfruttati in Turchia nelle fabbriche di brand importanti?

Bambini siriani sfruttati in Turchia nelle fabbriche di brand importanti? E’ questa la notizia che sta circolando nelle ultime ore in Rete. Sembra che alcuni colossi del fashion system come H&M e Next abbiano denunciato il fattaccio. Come riporta il quotidiano Indipendent e riprende Fanpage.it i due marchi sono stati gli unici che hanno confermato l’esistenza di lavoro minorile nelle loro aziende in Turchia (entrambi hanno confermato di aver provveduto a riportare i bambini siriani a scuola e a dare un sostegno alle rispettive famiglie). Purtroppo però sembra che non siano i soli ad essere coinvolti. Secondo l’organizzazione no profit Business and Human Rights Resource Centre-BHRRC ci saranno ancora contromisure da prendere in questo senso.

A proposito di polemiche e di H&M, qualche settimana fa il colosso svedese low cost è stato sommerso di critiche a causa di una scelta non proprio felice in merito ad un accessorio proposto sul sito ufficiale: un poncho a stisce nere (al costo di 14,99 euro) che ricorda un tallit (lo scialle di preghiera ebraico con le frange) sia nella forma, sia nel colore. Si è alzato un vero e proprio polverone e l’azienda si è trovata costretta a ritirare la sciarpa incriminata dal commercio in alcuni Paesi, come per esempio il mercato israeliano in seguito ad una decisione delle autorità locali: “Siamo davvero dispiaciuti – si legge in una nota – se con il nostro capo abbiamo offeso delle persone. Da noi chiunque è il benvenuto, e non abbiamo mai preso una posizione politica o religiosa. Non era nostra intenzione offendere nessuno. Le righe sono una delle tendenze di stagione ed è a questo che ci siamo ispirati“.

E non è nemmeno la prima volta che il marchio finisce nell’occhio del ciclone per una situazione del genere: pesanti accuse sono arrivate nel 2014 quando è stata distribuita una t-shirt da uomo con disegnati una stella di David ed una testa di morto.

Foto by Twitter

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