Kabul, ombre sul suicidio del capitano. Aveva scoperto una maxi truffa militare?

Il capitano dell’esercito Marco Callegaro, 37 anni, morì presunto suicida nel 2010. Sei ufficiali sono ora sotto inchiesta per truffa sulla fornitura di mezzi blindati, a cui Callegaro si era opposto.

Dopo sei anni torna in primo piano una vicenda drammatica – che sembrava archiviata – e che riguarda l’Italia e il suo esercito. Nella notte fra il 24 e il 25 luglio 2010 a Kabul, in Afghanistan, il capitano dell’esercito Marco Callegaro, 37 anni, fu trovato morto ucciso da un colpo di pistola. La vicenda fu classificata come un suicidio. Tuttavia la tenacia dei genitori e della famiglia di Callegaro, originario di Gavello ma residente a Bologna, che ha lasciato moglie e due figli, ha consentito di arrivare, in questi ultimi giorni, all’atto di iscrizione nel registro degli indagati di sei militari. Le indagini della magistratura, avviate dopo la morte di Callegaro – coordinate dal procuratore militare di Roma Marco De Paolis e dal sostituto Antonella Masala – hanno portato alla luce una presunta truffa aggravata messa in atto da alcuni ufficiali che, con i loro comportamenti, non avrebbero esitato ad esporre a rischio i loro colleghi. Marco Callegaro era capo cellula amministrativa del comando “Italfor Kabul”.

I sei ufficiali indagati avrebbero – secondo le accuse – taciuto il dato della difformità del livello di blindatura di tre veicoli commerciali destinati al generale Italian Senior Officer, cioè l’ufficiale italiano più alto in grado in Afghanistan, rispetto alle caratteristiche pattuite nel contratto di noleggio con una ditta afgana. In pratica la truffa si sarebbe consumata a scapito degli standard di sicurezza dei mezzi blindati destinati al nostro esercito. E il capitano Marco Callegaro si sarebbe opposto, contestandola, alla fornitura di tali mezzi.

In un secondo momento, tuttavia, gli uffici amministrativi dell’esercito dettero il via libera al pagamento delle fatture per i tre veicoli, procurando, però, secondo le accuse, ingiusti profitti per la ditta afghana fornitrice, nell’ordine di decine di migliaia di euro. Inoltre, i sei ufficiali del nostro esercito che sono sotto inchiesta avrebbero nominato, sempre secondo le accuse, persone senza competenze e del tutto inadatte nelle commissioni di collaudo dei blindati, rendendosi in questo modo responsabili di una serie di omissioni dolose. Soddisfatto, anche se molto sofferto, il commento della moglie di Marco Callegaro, Beatrice Ciaramella: “La magistratura ha fatto un duro lavoro dopo cinque anni di indagini e, soprattutto, respingendo vari tentativi di archiviazione del caso in questione. Finalmente oggi siamo giunti a un piccolo traguardo che sottolinea l’infondato suicidio“.

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