Rigopiano, dall’allarme ignorato alla turbina fantasma: le tappe della tragedia

Quinto giorno di ricerche nella “bara di ghiaccio” dell’hotel spa Rigopiano in Abruzzo, spazzato via dall’immensa valanga che ha seguito il terremoto del 18 gennaio. Fra i dispersi anche un ragazzo senegalese. Ricostruiamo, sulla base di ciò che si sa, cosa è successo e perché

AGGIORNAMENTO Ore 17:21 –  + + + Sale a il bilancio delle vittime della valanga che ha distrutto l’hotel Rigopiano: i vigili del fuoco hanno individuato ed estratto dalle macerie la settima vittima accertata: si tratta di una donna. Il cadavere era in uno stanzino vicino alla zona della cucina e del bar. Il bilancio – sempre provvisorio e in evoluzione – è di 11 sopravvissuti, 7 morti e 22 dispersi.+++

A cinque giorni dalla valanga che ha travolto l’hotel resort Rigopiano alle pendici del Gran Sasso, in Abruzzo, le decine e decine di soccorritori impegnati sperano ancora di trovare in vita qualcuno. A oggi sono 11 i sopravvissuti su una quarantina di persone presenti nell’albergo. Due gli scampati prima della valanga, ai quali si sono sommate le 9 persone estratte vive da sotto il mare di neve. Si contano 6 vittime e 23 dispersi. Ai quali si aggiunge un giovane senegalese che lavorava nella struttura.

SOCCORSI: CONDIZIONI PROIBITIVE

In qualche sacca d’aria tra neve, detriti e strutture dell’albergo, potrebbero esserci ancora persone vive. Le operazioni di soccorso proseguono incessanti, senza fermarsi e con cambi di personale. E sono continuate anche la scorsa notte, nonostante la pioggia che anche stamani 23 gennaio continua a cadere sulla zona. “Chi lavora in quelle condizioni – ha sottolineato il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio – lavora come se ci fossero da recuperare persone vive. La speranza c’è sempre, perché quegli eventi possono aver dato luogo a situazioni molto particolari”.

Rigopiano: l'allarme ignorato, la turbina fantasma, l'ora della valanga. Le tappe della tragedia

L’ALLARME 10 ORE PRIMA DEL DISASTRO

Nel frattempo proseguono le indagini per ricostruire le ultime ore degli ospiti all’Hotel Rigopiano. Dalle testimonianza dei sopravvissuti emerge che una decina di ore prima della valanga, mercoledì 18 gennaio, le autorità erano state messe al corrente della situazione in cui si trovava la spa alle pendici del Gran Sasso: ospiti terrorizzati dalle scosse di terremoto e pronti a lasciare l’albergo ma impossibilitati a farlo per la neve alta che ingombrava le strade. Il direttore dell’albergo, Bruno Di Tommaso, aveva inviato un’email al prefetto di Pescara, al presidente della Provincia, alla Polizia provinciale e al sindaco del vicino comune di Farindola, spiegando che le cose erano peggiorate.

LA TURBINA MAI ARRIVATA

Per liberare la strada verso il Rigopiano era necessario l’intervento di una turbina spazzaneve, un mezzo “spara” via il manto bianco. Ma veicoli di quel tipo scarseggiavano nella zona perché impiegati altrove per rispondere ad altre emergenze (in Abruzzo aveva già nevicato per parecchi giorni e c’erano paesi isolati in grave difficoltà). Secondo le prime ricostruzioni, però, una turbina era attiva a una ventina di chilometri dall’albergo tra i comuni di Penne e Guardiagrele. Non è chiaro perché non fu dirottata verso Farindola e la strada che poi porta al Rigopiano. C’è chi sostiene che fosse rotta e non riparabile.

QUANDO È ARRIVATA LA SLAVINA?

Inizialmente si credeva che la slavina si fosse verificata intorno alle 17:40 del 18 gennaio, ma sulla base delle prime testimonianze non si esclude che possa essersi staccata dalla montagna prima, tra le 16:30 e le 17. La ricostruzione dei tempi è importante per la procura di Pescara, che sta indagando sulla vicenda, perché potrebbe consentire di rilevare eventuali omissioni o inefficienze nelle attività di sgombero della neve e di gestione della sicurezza nella zona. È bene in ogni caso sottolineare che mercoledì 18 gennaio le autorità, a partire dalla provincia di Pescara, avevano a che fare con decine di problemi legati alle forti nevicate, con famiglie isolate, persone da soccorrere e pochi mezzi per spalare la neve a disposizione sul territorio.

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Photo credits: Twitter, Facebook

 

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