Caso Denis Bergamini: “Il calciatore fu soffocato e ucciso”. La ricostruzione shock

Denis Bergamini non si è suicidato lanciandosi contro un camion, ma è stato assassinato tramite soffocamento e poi colpito con un attrezzo. Secondo indiscrezioni, sono queste le conclusioni della perizia chiesta dal procuratore capo di Castrovillari Eugenio Facciolla, che riapre definitivamente il caso Bergamini a quasi 28 anni esatti dalla morte del calciatore del Cosenza. 

NESSUNO CREDE AL SUICIDIO

Il calciatore – Donato “Denis” Bergamini, ferrarese – morì a 27 anni il 18 novembre 1989 in quello che fu classificato come un suicidio. Una fatto tragico, dunque. Che però non ha mai convinto nessuno: amici, calciatori, e, ovviamente, i familiari del ragazzo. Bergamini si sarebbe buttato tra le ruote di un camion che l’avrebbe trascinato per circa 60 metri uccidendolo, sulla statale 106, all’altezza di Roseto Capo Spulico (Cosenza). L’indagine fu archiviata, e a distanza di quasi tre decenni l’ipotesi di suicidio non è mai stata ritenuta credibile: il corpo non presentava ferite compatibili con questa versione e non era sporco di fango, nonostante la pioggia e le pozzanghere presenti sul luogo del presunto incidente.

IL RUOLO DELLA EX FIDANZATA

Fu la sua fidanzata dell’epoca, Isabella Internò, a sostenere davanti agli investigatori che il 18 novembre del 1989, dopo un’accesa discussione, il giovane centrocampista si era spontaneamente tolto la vita, lanciandosi sotto un camion. Ma i familiari e gli amici di Denis non le hanno mai creduto. E anche magistrati e investigatori hanno sempre espresso dubbi sulla sua versione dei fatti. Per questo la donna in passato è finita sotto indagine, al pari dell’autista del camion che ha investito il calciatore, Raffaele Pisano. Ma non ci sono mai stati elementi sufficienti per procedere contro di loro e due inchieste sono state archiviate.

CI SONO NUOVE PISTE

Adesso invece la nuova perizia chiesta dalla procura e disposta dal gip di Castrovillari, potrebbe segnare una svolta, perché per la prima volta c’è una ricostruzione alternativa della morte del calciatore. Un nuovo avviso di garanzia è stato recapitato nei mesi scorsi a Internò e Pisano, ma i due potrebbero non essere gli unici nel mirino della procura. Gli investigatori hanno battuto nuove piste e sono stati ascoltati nuovi testimoni; nuovi sospetti potrebbero essere stati iscritti sul registro degli indagati.

PERCHE’ UCCIDERE BERGAMINI?

Gli investigatori sostengono inoltre che sia da escludere la pista passionale. Emergerebbe, secondo quanto fonti della procura hanno affermato a RaiSport, un sistema di partite oggetto di un vasto meccanismo illecito finalizzato al calcioscommesse che gli inquirenti ritengono gestito in campo da un gruppo del Cosenza di quegli anni, con la benedizione in qualche modo di clan mafiosi dominanti. Bergamini avrebbe chiesto l’immediata cessione dal Cosenza, impedita di fatto, da una sorta di clausola rescissoria del calcio di quei tempi. Una clausola, come dicono gli ambienti investigativi, chiamata ricatto. Qualcuno del gruppo illecito di quel Cosenza minacciò il ragazzo di rivelazioni sulla sua vita privata, forse la frequentazione di donne legate a giri criminali.

LA TRAPPOLA PER FARLO MORIRE

Sempre stando a questa possibile ricostruzione della verità, il famigerato sabato pomeriggio del 18 novembre del 1989 Bergamini cadde nel tranello: in macchina, in dolce compagnia, arriva in un posto dopo c’è qualcuno ad attenderlo, forse più persone. Gli inquirenti ipotizzano un soffocamento con sacchetto di plastica e, una volta stordito, un colpo al fianco sinistro con un attrezzo per lavoro di edilizia. Poi la presunta agonia, e forse nessun camion a schiacciarlo.

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