Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, 25 anni senza verità. Uccisi da italiani? [VIDEO]

Venticinque anni fa, il 20 marzo 1994, il brutale assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio, capitale della Somalia. Una tragedia avvolta ancora dal buio. Un duplice efferato omicidio senza verità.

Al tempo stesso una voragine. Che ha inghiottito processi, depistaggi. E i 17 anni trascorsi in galera da Omar Hassan Hashi, condannato per un delitto che non ha mai commesso.

Il caso non è del tutto chiuso e uno spiraglio arriva da un’inchiesta giornalistica pubblicata dal quotidiano Avvenire, come sottolinea online il TgCom24.

 

Il punto di partenza è assodato. Alpi e Hrovatin avevano scoperto un traffico di rifiuti tossici e armi fra Italia e Somalia. Avvenire si concentra sull’ultimo miglio. Come, cioè, mitra e materiale bellico poterono arrivare agli uomini di Haidid una volta scaricati al porto di Mogadiscio.

Dalle carte della Commissione d’inchiesta desecratate cinque anni fa alla Camera dei Deputati emerge uno scenario inquietante. Risulterebbe – si legge in un passaggio attribuito al Sismi e rilanciato dal quotidiano della Cei – che colonne umanitarie che trasportavano profughi e viveri, con mezzi e scorte forniti dal contingente italiano, abbiano trasportato numerose armi da Mogadiscio nella zona centrale del Paese”.

All’epoca i nostri Servizi etichettarono l’ipotesi come verosimile visto che i militari paracadutisti della Folgore di stanza in Somalia risultavano impiegati in simili operazioni, operazioni che – da regole di ingaggio – non prevedevano il controllo del convoglio ma “solo” la scorta armata. La nostra intelligence scrive di “limitati quantitativi di armi potrebbero essere stati introdotti in forma fraudolenta nei convogli impegnati nel trasporto di aiuti umanitari”.

Che Ilaria Alpi fosse arrivata proprio a questo? La giornalista uccisa aveva di certo scoperto che i fondi italiani della cooperazione internazionale non erano serviti per costruire la conceria e il mattatoio promessi.

Probabilmente stava seguendo un’altra pista. Tra signori della guerra locali e “miopie” internazionali. Sempre Avvenire cita le parole agli atti del generale Cesare Pucci, numero uno del Sismi. Il militare, a proposito del traffico d’armi ammise in Commissione: “Sapevamo del fenomeno, lo tenevamo sotto controllo”, salvo poi aggiungere che, per decisione politica, non si faceva “assolutamente niente” per contrastarlo.​

Sarà difficile a distanza di tutti questi anni e con numerose prove distrutte trovare il vero assassino di Ilaria e Miran. Ma i sospetti morali contro alcuni nostri apparati sono fortissimi. Ilaria Alpi aveva forse scoperto che un fiume di denaro pubblico era stato sprecato, forse 1.400 miliardi di lire (oltre un miliardo di euro attuali).

E poi ci sarebbero le accuse contro i nostri militari di avere operato violenze sessuali e fisiche contro i civili. Nel ’98 emersero documenti che confermavano torture commesse dai nostri soldati contro alcuni civili somali. Ilaria avrebbe però scoperto qualcos’altro. Qualcosa di ancora più crudele: violenze sessuali a danno di minori.

L’inchiesta della procura di Roma sembra diretta verso un binario morto. L’Aisi, il servivio di intelligence, non rivela la fonte che ha permesso di scoprire il traffico di armi su cui Ilaria Alpi indagava. E a nulla potrebbe servire nemmeno l’intercettazione, datata 2012 e recuperata dalla procura di Firenze, in cui due somali si dicevano che “Ilaria Alpi è stata uccisa dagli italiani”. Irrilevante, secondo il gip di Roma. Alcune nostre istituzioni hanno eretto un muro di gomma che fa andare l’inchiesta verso l’archiviazione.

Ma le famiglie di Ilaria e Miran non si arrendono e a 25 anni dal delitto chiedono agli italiani di non lasciarli soli, a diffondere tramite i social media la richiesta di verità: #noinonarchiviamo è l’hashtag per impedire di trasformare questi omicidi nell’ennesima tragedia di Stato.

Ilaria Alpi. In alto, con Miran Hrovatin

Photo credits: Twitter; video credits: Twitter / Rai3 @RaiTre

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