Nasrin Sotoudeh (foto in alto), avvocatessa e attivista per i diritti umani in Iran, ha ricevuto una condanna a 38 anni di carcere e 148 frustate. A emettere la mostruosa sentenza un Tribunale di Teheran. Le accuse nei confronti dell’avvocatessa vanno dalla “collusione contro la sicurezza nazionale” alla “propaganda contro lo Stato”.
E dall'”istigazione alla corruzione e alla prostituzione” alle “apparizioni in pubblico senza hijab (il velo per le donna, ndr.)”. Secondo Amnesty International, la sentenza è “un’ingiustizia vergognosa”.
Nei confronti di Sotoudeh, la 28ª Corte rivoluzionaria di Teheran ha inflitto una condanna a 33 anni. Tuttavia tale sentenza si è andata a sommare a un’altra, pronunciata nel settembre 2016. Tre anni fa il verdetto del tribunale prevedeva contro Nasrin Sotoudeh cinque anni di detenzione per cospirazione contro lo Stato. Ma anche per “insulti” nei confronti della Guida Suprema Ali Khamenei. Arrestata nel giugno 2018, Sotoudeh aveva appreso che le autorità l’avevano condannata in contumacia.
“È sconvolgente che Nasrin Sotoudeh vada incontro a quasi quattro decenni di carcere. E a 148 frustate a causa del suo lavoro pacifico in favore dei diritti umani“. “Compresa la difesa legale di donne sotto processo per aver sfidato le degradanti leggi sull’obbligo del velo”, ha dichiarato Philip Luther, direttore delle ricerche sul Medio Oriente e sull’Africa del Nord di Amnesty International.
La Corte “ha tenuto un’udienza del processo, alla quale la mia cliente non era presente”, ha affermato Mahmoud Behzadi-Rad, uno dei legali della donna. “Così abbiamo finalmente capito che la corte l’aveva condannata in contumacia”.
L’avvocatessa Sotoudeh ha ricevuto nel 2012 dal Parlamento europeo il Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Aveva già trascorso tre anni in prigione, dal 2010 al 2013, per “attività contro la sicurezza nazionale”.
Politici e apparato poliziesco della Repubblica islamica avevano messo nel mirino la signora Sotoudeh dopo che lei aveva difeso gli oppositori arrestati durante le manifestazioni del 2009.
Una serie di proteste che si erano svolte contro la rielezione del presidente ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad. A gennaio scorso anche il marito di Sotoudeh, Reza Khandan, è stato condannato a cinque anni di carcere per “complotto contro la sicurezza nazionale” e a un anno per “propaganda contro il sistema”.
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