Scosse nei Campi Flegrei, Mastrolorenzo (Ingv): “Il piano di emergenza è sottodimensionato, a rischio 3 milioni di persone”

Alle ore 5:03 di questa mattina, mercoledì 26 aprile, si è verificata una scossa di magnitudo 2.7 nell’area Flegrea, a una profondità di 1.8 chilometri. 

In totale ne sono state registrate sette, a partire dalle 3:40. La prima di magnitudo 0.4 di profondità 2.7. Circa mezz’ora dopo, alle 4:07, è arrivata la seconda di magnitudo 0.3 e profondità 1.4.

Alle 4:37, la terza: magnitudo 1.2 e profondità 3.9. Alle 4:58 è stata registrata la quarta, di magnitudo 1 e profondità 3 chilometri. Pochissimi minuti dopo, alle 5:03 si è verificata la quarta, di magnitudo 2.7 e profondità 1,8, che è stata avvertita dai cittadini.

Due minuti dopo, alle 5:05, si è registrata un’altra scossa a una profondità 3.8 e un’altra, l’ultima, a una profondità di 2.2 e magnitudo 1.9. Ma cosa sta succedendo nei Campli Flegrei? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo, primo ricercatore dell’Ingv.

Cosa è successo stanotte nei Campi Flegrei?
Si è verificata la tipica sequenza sismica, comune ad altre che si sono verificate in questo periodo, tutte dovute al fenomeno del bradisismo. Si tratta del rilascio dello stress accumulato con la deformazione, quindi del sollevamento, del suolo. Questo fenomeno è in atto dal 2006, a Rione Terra ha superato più di un metro, ed è l’area di massimo sollevamento. Negli ultimi due anni il tasso è raddoppiato e questo causa le sequenze sismiche. Adesso la sismicità è più intensa perché la deformazione del suolo è di circa 15 millimetri al mese. Dall’anno scorso ad oggi abbiamo avuto le scosse più forti degli ultimi quarant’anni. A marzo 2022 abbiamo raggiunto una magnitudo tra i 3.5 e i 3.6″;

Qual è la causa delle scosse?
In passato si pensava fossero collegate alle spinte del magma. Negli anni Novanta in alcune ricerche do dimostrato come questa deformazione del suolo fosse compatibile con l’espansione del solo sistema idrotermale, cioè degli ultimi chilometri di roccia porosa nella quale c’è una forte circolazione di fluidi, quindi di perturbazioni, anche piccole, al fondo”;

Ad esempio?
Ad esempio, piccoli incrementi di temperatura o della fratturazione. Questo sistema si gonfia come una spugna per poi tornare alle condizioni ordinarie”;

In quanto tempo si torna alle condizioni ordinarie?
Molto lentamente. Tant’è vero che si è recuperata solo una piccola parte della deformazione avvenuta tra gli anni Settanta-Ottanta e negli ultimi anni il suolo si è ulteriormente sollevato”;

È possibile prevedere cosa accadrà?
No. Infatti dico sa sempre che anche se questa deformazione riguarda gli ultimi chilometri di roccia, può anche scaturire in un evento eruttivo come nel 1538, che è l’unico osservato dei Campi Flegrei, perché gli altri sono avvenuti in epoca preistorica. Non abbiamo nessuna possibilità di prevedere come evolverà questo fenomeno”;

Quali sono le ipotesi?
Potrebbe restare così per decenni, rientrare o risolversi in un’eruzione. Quello che possiamo sicuramente dire è che lo stress sul sistema magmatico, in casi estremi potrebbe innescare processi di fratturazione, quindi di risalita del magma”;

C’è da preoccuparsi?
C’è preoccupazione sia per i terremoti, che anche se sono di magnitudo modesta, sono molto superficiali, quindi possono causare danni. Ma soprattutto per un’eruzione. Non possiamo assolutamente prevederla perché non c’è una casistica che ci permetta di fare valutazioni diretta. D’altra parte in fisica si dice che i sistemi complessi non sono prevedibili e quello vulcanico è un sistema complesso. Quindi non possiamo basare la sicurezza della collettività sulla previsione”;

Si può prevedere invece, il tipo di eruzione che sarebbe?
No, neanche questo. Nel Campi Flegrei abbiamo avuto eruzioni che vanno da quelle piccole come nel 1538 a Monte Nuovo, fino alla super eruzione. In quell’area quindi, potenzialmente si possono produrre eventi eruttivi di portata anche decine di volte superiore a quello di Pompei nel 79 d.C. Questo è un caso estremo, ma metterebbe a rischio milioni di persone. Nemmeno nel caso del bradisismo possiamo prevedere quale potrebbe essere l’eruzione. Da studi che ho svolto negli anni scorsi, sono emerse evidenze che sotto al Vesuvio e ai Campi Flegrei esiste un’unica estesissima camera magmatica. Nel caso del Vesuvio è più profonda, mentre nel caso dei Campi Flegrei è a circa 7 chilometri. Contiene magma differenziato, cioè ricco di gas, pronto a eruttare. In realtà, nei Campi Flegrei esiste una quantità di magma sufficiente a produrre centinaia di eruzioni”;

L’attività del Vesuvio e quella dei Campi Flegrei sono collegate?
No, la camera magmatica potrebbe essere la stessa, e si trova a una profondità tra i 10 e i 7 chilometri, ma i meccanismi sono diversi. I Campi Flegrei e il Vesuvio hanno storie ed eruzioni differenti. Nel caso del secondo, ci aspettiamo che il magma si accumuli in profondità prima di eruttare. E anche la composizione è diversa. Sono due sistemi indipendenti per quanto riguarda la parte superficiale. 

Lei sta dicendo che non è possibile fare previsioni, ma che esiste un potenziale pericolo. Cosa si potrebbe fare per mettere la popolazione al sicuro?
Sulla base di queste evidenze, bisogna impegnarsi al massimo nel piano di emergenza per i Campi Flegrei, ed accompagnarlo a una legge sull’inedificabilità in zona rossa, com’è stato fatto nel caso del Vesuvio. Ho più volte denunciato che è sottodimensionato, perché è tarato su un’eruzione intermedia, e non su un evento di grande portata. L’attuale piano di emergenza considera a rischio 600mila persone. Ma dalle simulazioni che abbiamo fatto su possibili eruzioni, e considerata la storia vulcanica, è emerso che sono a rischio 3 milioni di persone. Il piano deve essere urgentemente aggiornato. Inoltre le modalità di attuazione del piano sono complesse”;

Si spieghi…
Esistono quattro livelli di allerta: verde, giallo, arancione e rosso. Dal 2012 siamo al livello giallo. Il passaggio a quello arancione dovrebbe essere valutato dalla Commissione grandi rischi e dagli altri centri di competenza della Protezione civile e sarà basato su pareri. Il rischio è che si sottovaluti l’escalation degli eventi e ci si trovi in piena emergenza con una popolazione che non è ancora stata evacuata. A mio avviso è meglio essere pronti anche a un falso allarme, allontanando la popolazione laddove ci siano segni si un’eruzione, che giocare d’azzardo con la natura. L’altro problema è essere pronti all’evacuazione nel corso di un’eruzione. Va data massima importanza alle vie di fuga, all’informazione della popolazione. L’ultima esercitazione risale al 2019 ed è stata fatta su un numero limitatissimo di persone che tra l’altro sono state trasferite da Pozzuoli a Napoli. Questo è un errore perché si attraverserebbe tutta la zona rossa in un momento in cui potrebbe essere prossima un’eruzione”.

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