Ponte Morandi, i familiari delle vittime dopo le dichiarazioni di Mion: “Siamo allibiti, nessuno ha fatto nulla”

Siamo allibiti sia perché una persona informata non ha parlato, sia perché chi sapeva della situazione non è intervenuto”. 

Ai nostri microfoni, Egle Possetti, portavoce del Comitato parenti vittime Ponte Morandi, commenta le parole di Gianni Mion, ex ad della holding dei Benetton Edizione, che ha confessato di sapere che “il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo”, ma non aver detto nulla.

Mion lo ha dichiarato riferendosi a una riunione del 2010, a cui parteciparono l’Ad di Aspi Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo il ricordo del manager, tecnici e dirigenti di Spea.

Come avete preso la notizia?
In questi mesi, nell’ambito del processo stanno emergendo molte testimonianze che vanno verso la stessa direzione, sul fatto che ci fossero informazioni sulla situazione del Ponte. Chiaramente, dicendolo una persona presente a una riunione, ha un valore aggiunto e aumenta la tristezza, perché conferma che questa cosa fosse nota da tanti anni. Nonostante ciò, non ci sono stati interventi: nessuno ha fatto nulla per fare in modo che questa tragedia che ha visto protagoniste le nostre famiglie non avvenisse. Siamo allibiti sia perché una persona informata non abbia parlato, sia perché chi sapeva della situazione non è intervenuto: è gravissimo”; 

Roberto Tomasi, attuale ad e direttore generale di Aspi, ha dichiarato in Aula che dal 2020 c’è stato un cambio di passo. Vi fa stare meglio?
Il crollo del ponte ha scoperchiato un vaso di Pandora di anni e anni di incuria e manutenzione ridotta all’osso, quindi risparmi stratosferici. Chiaramente Tomasi è arrivato dopo l’estromissione di Castellucci che era l’ad al momento del crollo. Ma non fu una decisione immediata, prima di nominarlo passarono diversi mesi, quindi ci hanno ancora pensato un attimo. Tomasi non era una new entry, lui già lavorava nella società con un ruolo diverso. Da cittadini potremo giudicare il suo lavoro nel medio-lungo periodo, ma speriamo che sia ancora fatto approfonditamente”;

Il processo va avanti…
Ci sono tre udienze a settimana, nelle audizioni stiamo ascoltando i testimoni richiesti dalla Procura. Speriamo che con gli elementi che stanno emergendo si possa avere un riscontro nel primo grado senza aspettare troppo tempo”;

Crede che il processo stia andando a rilento? Sono passati 5 anni dal 14 agosto 2018.
Dovremmo avere una giustizia più veloce, questo lo sanno tutti. Ma non dipende dal lavoro di chi è in Tribunale, che sta facendo tutto il possibile per portare avanti questo processo con dignità. Vanno cambiate delle norme. Secondo me è inaccettabile sia per noi, che a nostro modo siamo vittime di questa situazione, sia per alcuni imputati che poi risulteranno innocenti. I processi andrebbero snelliti dal punto di vista burocratico”;

Come si è sentita ascoltando le parole di Mion?
Vado spesso alle udienze, ne ho sentite tante e non mi sono stupita più di tanto. Ma ogni volta è come un piccolo pugnale. Da quasi cinque anni noi siamo stati come messi in un frullatore: immagini lei cosa come si possa stare in un frullatore. Essere lì in Aula è sempre più difficile e complicato. A volte è meglio non pensare al motivo per cui ti trovi lì, altrimenti non ti dai pace”;

Come ricorda il 18 agosto del 2018?
Come uno dei giorni più brutti della mia vita. Ho perso mia sorella con i due figli e il marito”.

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