In esclusiva a Velvetnews.it, Luigi Bosi, agricoltore romagnolo, spiega: “Solo tra qualche settimana riusciremo a quantificare i veri danni”
“Se tutto va bene, perdiamo tutto il raccolto di questa stagione. Nella peggiore delle ipotesi, rischiamo seriamente di compromettere tutto il nostro impianti di lavoro. Solo tra poco riusciremo a capire bene quanto abbiamo perso a causa dell’alluvione”. Ai microfoni di Velvetnews.it, Luigi Bosi, un agricoltore romagnolo, prova a spiegare quanto sia duro provare a ripartire dopo l’alluvione. Luigi gestisce un’azienda agricola, chiamata l’Orto di Gigi una ditta “a conduzione familiare che offre i prodotti del territorio coltivati con rispetto per l’ambiente, passione e dedizione”.
Luigi, com’è la situazione attuale?
“L’acqua è andata via da un paio di giorni, ma è rimasto tutto il fango che ha lasciato l’alluvione. Il fango è bagnato e non si riesce ancora a spostare”
E’ più complicato spostare il fango dai campi, piuttosto che nelle strade?
“Assolutamente, non hai un piano liscio come l’asfalto: non puoi rusparlo, rischi di portare via anche del terreno buono. Non è la stessa cosa: sull’asfalto puoi appoggiare una lama, una ruspa e spingerlo via. Sul terreno agricolo è diverso”
Di Cosa ti occupi nella tua azienda?
“Ho dei terreni agricoli di circa 25 ettari, nei quali coltiviamo frutta e verdura. E poi abbiamo dei vigneti. La mia è un’azienda media piccola e produceva tra i tre e quattromila quintali di frutta. Numeri importanti”.
Se riuscito già a quantificare i danni che la tua azienda ha subito?
“Ad oggi si vedono i danni iniziali: i mancati raccolti, che dovevano essere fatti in queste due settimane. Frutta e verdure pronte, come ad esempio le fragole. Ci sono poi danni strutturali agli impianti: piante rotte, spezzate dalla forza dell’acqua. E poi l’ultimo danno, forse il più grave”.
Quale?
“Quello che verificheremo tra un paio di mesi: la sopravvivenza o meno delle piante”.
Colpa della troppa acqua che hanno assunto?
“Le piante assumono ossigeno anche dal terreno. Dal momento che il terreno è pieno di acqua, non c’è più ossigeno. Lo scambio di ossigeno nelle radici non avviene più. Questo manda in sofferenza la pianta, che non riesce a fare le sue funzioni fisiologiche. Stanno morendo centinaia di piante”.
Se muore la pianta, va a morire anche il frutto?
“Purtroppo si. E una pianta morta finisce li: non è che a distanza di un anno poi torna a produrre. La preoccupazione maggiore, al di là del raccolto di quest’anno, è la possibilità di perdere la totalità del nostro impianto. Tutti i frutti che si trovano sulle piante che al momento stanno morendo, sono rovinati. Non si possono cogliere. I danni sono notevoli”
Ti sei fatto un’idea su quanti danni hai subito?
“Capire l’entità di questi danni non sarà facile. Tra qualche settimana avremo le idee più chiare. Qualcosa si salverà: ma dipende dalle zone e da quanta acqua è rimasta nei terreni. Ci sono piante che non stanno mostrando sofferenza, altre che invece sono spacciate. Qualcosa si salverà, ma il problema è un altro. Provo a spiegarlo: dal momento che perdi un 30, 40% delle tue piante, il tuo impianto non è più efficiente. Se hai 100 piante e ne muoiono 40, le altre 60 non riescono a coprire il lavoro che facevano tutte. La produttività è compromessa”.
Ora cosa farete? Quali sono i prossimi passi?
“Appena il fango sarà più asciutto cercheremo di areare il terreno, per farlo asciugare e far entrare ossigeno. E’ l’unica cosa che possiamo fare”.
Avete avuto delle rassicurazioni da parte delle istituzioni?
“Le rassicurazioni sono quelle che avete sentito anche voi sui giornali o in tv. Ma al momento, come è anche normale visti i tempi, ancora nulla di concreto. Ma al di là degli aiuti economici, è fondamentale studiare una strategia sull’agricoltura. Se anche oggi il Governo dovesse concederci dei soldi, in breve tempo verrebbero persi. L’agricoltura ha anche altri problemi. Se non si mira ad un obiettivo a lungo termine, si sprecherebbero quei soldi. Giusto aiutare, ma intanto va programmato il futuro”.
Come?
“Attraverso un piano strategico di sviluppo, che metta l’agricoltura al centro, sia per il sostentamento alimentare del Paese, che per la costruzione del territorio. Si deve ripartire da quei presupposti e il piano deve essere sviluppato in tanti anni. L’agricoltura ha tempi diversi”.
Cioè?
“Una fabbrica, una volta eliminato il fango, sostituisce le macchine e ritorna a fatturare. Ci vorrà un mese, forse due, ma non è un problema. Noi abbiamo perso un anno. Anche nelle culture seminative. Se dovevo seminare ad aprile, non posso farlo a giugno e quindi sono costretto ad aspettare aprile 2024. Perdendo di fatto un anno di lavoro e di introiti”