La sigaretta consuma il cervello: 25 anni per rimediare

La sigaretta finisce di nuovo sul banco degli imputati. Fa male, si sa. Fa male ai polmoni, alla pelle, ai capelli, al cuore. E questi sono danni fin troppo noti, che tuttavia non scoraggiano i fumatori: al vizio difficilmente si comanda. Stavolta, però, la bionda si vede condannata per un altro motivo: consuma il cervello. Secondo uno studio pubblicato dalla rivista Molecular Psychiatry e condotto su oltre 500 persone – 244 uomini e 260 donne, per l’esattezza – con un’età superiore ai 70 anni, infatti, la sigaretta assottiglia lo strato più esterno della materia grigia cerebrale. Ma scendiamo più nel dettaglio.

Tra i partecipanti alla ricerca c’erano 36 fumatori e 223 ex fumatori; gli altri, invece, non avevano mai acceso una sigaretta in vita loro. Tutti sono stati sottoposti a risonanze al cervello e a misure relative al quoziente intellettivo. “L’analisi degli esami – hanno spiegato gli autori dello studio – ha rivelato che i fumatori hanno in generale una corteccia più sottile di chi non ha mai fumato“. Ma è un danno irreversibile? No, per fortuna no. Tuttavia i tempi di recupero sono parecchio lunghi: “Per chi ha smesso invece, che in media aveva fumato un pacchetto al giorno per 30 anni – continuano gli esperti – sono serviti almeno 25 anni per annullare le differenze in spessore con chi non ha mai fumato“. Venticinque anni, avete capito bene.

La corteccia cerebrale, lo ricordiamo, è lo strato esterno del cervello collegato a fondamentali funzioni cognitive come la memoria, il linguaggio e la percezione. Certo, bisogna dire che l’invecchiamento di per sé ha le sue conseguenze, tuttavia “i fumatori – ribadiscono i ricercatori – devono essere informati che le sigarette possono accelerare l’assottigliamento della corteccia cerebrale, il quale a sua volta potrebbe portare a un deterioramento cognitivo“.

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