Vasto sotto shock: il giorno dopo la vendetta di Fabio nulla è più come prima

Italo D’Elisa, 22 anni, è stato ucciso a Vasto, in Abruzzo, da Fabio Di Lello che si è vendicato della morte della moglie, Roberta Smargiassi. Per il vescovo Bruno Forte “un intervento rapido della giustizia e una punizione esemplare” avrebbero potuto evitare la tragedia. Che adesso è doppia e ha distrutto tre famiglie

Vasto, in Abruzzo, è una città incredula e sgomenta. Per l’assurda storia di tre famiglie distrutte, ciascuna delle quali ha perso un figlio. Roberta Smargiassi morta a 34 anni, investita da Italo D’Elisa, il 22enne che non si era fermato al semaforo rosso, ucciso ieri 1 febbraio da Fabio Di Lello, marito di lei, che l’ha freddato con tre colpi di pistola al cuore. Era distrutto da un dolore che forse neanche la giustizia avrebbe lenito. E adesso invece è lui che rischia una pena giudiziaria inevitabilmente molto severa.

LA MAGISTRATURA DOVEVA FARE GIUSTIZIA

Il punto è che la giustizia non è mai arrivata davvero, anche se si stava per arrivare forse a un procedimento. “Con un intervento rapido della giustizia e una punizione esemplare” la tragedia si sarebbe potuta evitare, accusa l’arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte, secondo quanto riporta Repubblica.it. “La magistratura deve fare il suo corso ma nel modo più rapido possibile. Una giustizia lenta è un’ingiustizia“.

ITALO NON ERA PENTITO

Italo D’Elisa, dopo l’incidente, non ha mai chiesto scusa, non ha mostrato segni di pentimento. Anzi, era strafottente con la moto. Dava fastidio al marito di Roberta. Quando lo incontrava, accelerava sotto i suoi occhi” dice a Radio Capital, l’avvocato Giovanni Cerella, già legale di parte civile per il procedimento che riguardava l’incidente e ora difensore di Fabio Di Lello. “D’Elisa – dice l’avvocato – tre mesi dopo l’incidente aveva ottenuto il permesso per poter tornare a guidare la moto, perché gli serviva per andare a lavorare”.

Vasto sotto shock, il giorno dopo la vendetta di Fabio la città si divide
Da sinistra: Italo D’Elisa, Roberta Smargiassi e Fabio Di Lello

LA VENDETTA ERA INIMMAGINABILE

Fabio era sotto shock, era depresso per la perdita della moglie, andava molto spesso al cimitero – ha aggiunto l’avocato Cerella – pensava giustizia non fosse stata fatta ma incontrandolo non ho mai avuto l’impressione che stesse ipotizzando una vendetta. Sono rimasto sbalordito quando ho saputo. Lui non aveva dimestichezza con le armi“.

D’ELISA NON ERA UN PIRATA DELLA STRADA

Nel dicembre scorso, il legale di Italo D’Elisa, l’avvocato Pompeo Del Re, puntualizzava che il suo assistito non era “un pirata della strada” in quanto “subito dopo il sinistro, pur essendo anch’egli ferito e gravemente scosso, non ha omesso soccorso, ma ha immediatamente allertato le autorità competenti e chiesto l’intervento del personale medico-sanitario”. Inoltre, affermava che gli esami “medici e ospedalieri avevano accertato “che il medesimo non guidava in stato di ebbrezza, né con coscienza alterata dall’uso di sostanze stupefacenti”, concludendo “come la dinamica del sinistro evidenziasse una serie di fatalità non imputabili all’indagato”. Secondo il legale di Fabio Di Lello, però, sono “tutte sciocchezze. C’è una perizia che ha fatto piena luce sulle responsabilità”.

Shock in Abruzzo: ammazza a colpi di pistola l'uomo che investì e uccise sua moglie
Il cadavere di Italo D’Elisa coperto da un telo verde in strada

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Photo credits: Twitter

 

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